Non poggio il culo su qualcosa da mesi; cisti pilonidale si chiama, e mi tormenta.
Si forma tra lo strato adiposo cutaneo e la fascia muscolare.
Mi basta guardare un sedia priva di cuscino per sentire tra le chiappe la stessa sensazione di una sassata sul fondo schiena, una pedata sul culo datami con gli anfibi con la punta in metallo.
È cominciato come un lieve fastidio provato una volta in piedi dopo poche ore di sedia, adesso è una specie di oliva di pelle tesa e liscia tra le fette del culo.
È un pelo incarnito dicono.
Un bulbo pilifero infiammato che per sfregamento crea pus e scava.
Più strofini e più il bastardo scava, fino all’osso, fino al coccige.
Periodicamente la pustola esplode di notte, mentre dormo col culo in aria, quando arriva alla tensione massima, al punto critico di non ritorno, si apre e al mattino trovo le mutande tinte di uno strano colore bordeaux.
Pus e sangue, e ad ogni esplosione mi sveglio con la sensazione di essermi cagato addosso.
Ho provato a toglierla, a farmela grattare via, ma ho il terrore del camice bianco.
Mi ero fatto forza, dopo settimane di immobilità e di lagne notturne; ero andato in ospedale, reparto di chirurgia generale.
- Si sdrai sul lettino e abbassi i pantaloni – comandò il giovane medico , dopo una anamnesi spiccia.
Io lo feci senza alcun imbarazzo: mi ero lavato e profumato come si deve e ogni mio più intimo poro esalava aromi di sandalo e vaniglia.
Un’infermiera bassa come una monaca Felliniana si avvicinò al lettino e con fare risoluto, mi afferrò le chiappe e le allargò, con mano ferma e decisa.
- Tenga aperto – disse il ragazzotto , scartando un bisturi usa e getta – adesso la zaffiamo.
Ricordo soltanto tre cose: 1 - il sudore freddo cadermi dalla fronte, come quello che nei film scorre perfetto sui volti degli artificieri intenti a disinnescare gli ordigni dai meccanismi più complessi, 2- la sensazione di una puntura dolorosissima poco sopra l’ano, 3- io che tiro su baracche e pantaloni e scappo via abbottonandomi per le corsie dell’ospedale.
Da allora resto in piedi o sdraiato a pancia in giù, e quella che un tempo era un’oliva adesso ha le sembianze di una palla da tennis.
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