venerdì 25 febbraio 2011

Sillogomania #5 Time Warp Cinema 2.0©


Tornando al discorso di prima ...
Oggi giornata vintage: ho trovato un pacchetto di fonzies intero, in un cassonetto nei pressi di una cornetteria di circonvallazione Casilina. È scaduto nel 2007, questo lo rende ancora più funzionale allo scopo.
Let’s do a Food Time Warp Again!
Un amico tempo fa conoscendo la mia passione per “l’antiquariato” mi ha regalato una vecchia polaroid ancora funzionante, senza rullino, “ormai non se ne trovano più” aveva detto dandomela in consegna.
Decido di metterla al collo mentre sgranocchio qualche fonzies e ascolto La Lambada di Kaoma sul mio mp3 della Philips da 128 Mb.
Lo faccio per ambientarmi, per entrare in sintonia col decennio da ri-vivere.
Una volta terminato l’ascolto della musica proibita, mi alzo per rovistare nello scatolone di VHS anni ’90.
È stracolmo di polvere e carta sporca e ad ogni scossone, spruzza milioni di particelle asfissianti nell’aria, tutte visibili nei fasci di luce calda che fanno capolino dagli infissi semi-aperti della cucina.
Prendo le prime due che mi capitano tra le mani: Paganini Horror e Karate Kid 4.
Mi ritrasferisco in salotto per accendere il videoregistratore: il suono è stridulo e metallico, come sempre; tuttavia funziona ancora, non so per via di quale miracolo fisico.
Inserisco la prima, ma non funziona: strisce orizzontali verdi si alternano ad uno schermo completamente nero.
Vada per l’altra: Paganini Horror.
Mentre il REW fa il suo dovere, afferro il gigantesco telecomando e la busta di patatine e sprofondo sulla poltrona PELLO da 34,95€.
Una volta riavvoltosi, il nastro parte immediatamente; i titoli di testa fanno da cornice ai primi minuti del film ambientati in un bagno dalle mattonelle color rosso sangue: una bambina inquietante immerge, nell’acqua dove la madre sta facendosi il bagno, una bambola dalle sembianze ancor più inquietanti. Poi senza motivo apparente la fulmina lanciando in vasca il phon. Fin qui tutto liscio.
La pellicola narra le vicende di un’improbabilissima rock band alle prese con la maledizione del maestro Paganini, il quale per ottenere talento e successo avrebbe venduto l’anima al diavolo.
La protagonista è doppiata a cazzo di cane e le teorie sul merchandising esposte della cantante e della manager del gruppo sono a dir poco discutibili.
Mentre le cantanti vanno in playback, il sincrono tra audio e video va a farsi fottere, penso, e invece è  proprio il film ad essere registrato di merda. Una cagata che mi infastidisce un po’ e che inizia a darmi un sentore di acidità allo stomaco.
Guardo il film per una mezz’ora buona, tra canzoni rock plagiate, e scene ridicole.
Ad un certo punto, un vecchio lancia delle banconote da una torre in quei di Venezia urlando “Piccoli Diavoli, Piccoli Diavoli”, lì  decido che la visione è terminata; non so se sia stato il ribrezzo per questo film o le fonzies scadute, ma sento di dover scappare immediatamente in bagno a vomitare.
(...)

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